Adeguarsi allo smart working: consigli per renderlo efficiente e a misura d’uomo

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Lo smart working è il presente, non più il futuro. Numerosissime realtà, complice la delicata situazione che il nostro e molti altri paesi stanno attraversando, sono state obbligate ad approcciarsi al lavoro agile in modo urgente e capillare.
Oltre a numerosi benefici per azienda e collaboratori, lo smart working porta con sé sfide importanti che, se non affrontate in modo adeguato, possono pregiudicare il buon andamento delle attività e il raggiungimento degli obiettivi.

Non è una frase mia questa ma l’ho presa in prestito dal sito www.siav.com. Descrive perfettamente la situazione nella quale ci siamo visti catapultati in questo ultimo anno. Ho la fortuna di lavorare per un’azienda che ha adottato forme di lavoro agile immediatamente a valle del lock down: in solo venti giorni circa 4000 dipendenti hanno avuto la possibilità di poter continuare il proprio rapporto di lavoro stando a casa. Un risultato immenso, a mio parere.

Stare in smart working presenta innumerevoli vantaggi per il lavoratore (e anche per le aziende, ma di questo tratteremo in un futuro post) ma, se non ben gestito, lo smart working può imbruttirci e farci precipitare verso forme di burnout.

Ho pensato quindi di stilare una mini lista di consigli da adoperare per tutti gli smart workers.

1. La postazione
Individuare uno spazio in casa è necessario. Qualora se ne possa avere la possibilità, individuarne uno che non sia troppo vicino (ma nemmeno troppo lontano) da quello degli altri componenti della famiglia. Chi vi scrive ha una figlia in DDI (didattica digitale integrata) e comprende bene che non è possibile ignorare la rimanente parte della famiglia.
Sempre se possibile, posizionarsi vicino ad una fonte di luce adeguata, che risulti confortevole. All’uopo consiglio di spostare la scrivania oppure, come ho fatto io, di comprarne una ad hoc che magari costi anche poco (per inciso, la mia l’ho pagata 19,90 da un noto mobilificio svedese). La posizione finale, infine, deve permettere un’adeguata ricezione della connettività. Non troppo lontano dal router, quindi!
La sedia, forse, è più importante della scrivania. Sceglietela confortevole e cercate di evitare sfuggenti cuscini (se potete). Eventualmente, ricorrete a soluzioni alternative. Sempre in quel famoso negozio svedese, ad esempio, ho trovato una seduta low cost niente male.
Capisco che gli stili sono diversi da casa a casa, ma io sceglierei questa soluzione (LINK) con una bellissima lampada della Tomons (che ho acquistato).

2. Fare pause, cambiare posizioni, muoversi
I tre consigli del titolo rappresentano la regola aurea dello smart worker. Le pause sono importanti almeno quanto il lavoro, non solo perché permettono al nostro cervello di distrarsi ma anche perché ci forzano a muoverci.
Se il vostro lavoro non vi consente di effettuare pause quando voi lo desiderate, lasciate che vi passi due/tre consigli:
a) lavorate in piedi! Non immaginereste mai quanto sia gradevole e quanto faccia bene. Potete anche alternare il lavorare in piedi con il lavorare seduti. Io uso un settimino il cui piano (di lavoro a questo punto), mi arriva proprio sotto lo sterno. Ci poggio su il notebook e tutto cambia! In meglio, ovviamente.
b) Procuratevi un alza piedi come questo (LINK), con base zigrinata, in modo da poter effettuare anche un massaggio nel momento in cui non indosserete le scarpe e starete con i soli calzini.
c) Se avete budget a disposizione, valutate quelle belle scrivanie regolabili che vi permettono di lavorare in diverse posizioni.

3) Come accennavo i precedenza, uno dei rischi più frequenti dello smart working è il burnout, cioè l’eccesso di lavoro. Questo può derivare dall’incapacità di staccarsi dal PC e dalle comunicazioni aziendali.
Tale incapacità deriva dalla mancata consapevolezza del saper scindere il lavoro dalla vita di casa.
Una soluzione? Difficile trovarla anche perché qui parliamo di un retaggio culturale che è inesistente: molti di noi non possiedono uno storico e non hanno esperienza nel gestire questa nuova forma di attività.
Compatibilmente con le esigenze famigliari, economiche e lavorative, chi può, potrebbe optare per trasferimenti momentanei in bellissimi borghi italiani che incentivano l’ospitalità verso questa nuova forma di lavoro. A patto che ci sia la connessione buona!

4) Un altro modo per evitare il burnout è costruirsi delle routine che servono a fare ordine nelle abitudini di vita, scandendo i giusti ritmi e permettendoci di fare / non fare determinate attività.
Alzarsi ad un orario adeguato, docciarsi, fare colazione, vestirsi. Sembrano sciocchezze ma vi assicuro che chi non è abituato a seguire semplici routine da casa, vive una situazione psicologica di precarietà.
Avere momenti di vita familiare e smettere di lavorare sempre alla stessa ora aiuta a tenere la situazione sotto controllo.
Ricordiamoci che lo smart worker, al fine di non perdersi, necessita di disciplina e di capacità di gestione del tempo.

5) Lo smart worker, per definizione, non lavora in ufficio ma altrove. Quindi non ha rapporti “d’ufficio” coi colleghi e non vive la vita lavorativa tipica. Zero chiacchiere in pausa, nessuno scambio di idee. Ecco, queste situazioni vanno evitate. Il tenere rapporti con i proprio colleghi è essenziale e non mi dite che tra Teams, WhatsApp, Trello, Slack, Telegram e chi più ne ha più ne metta, non possa essere possibile. Ah! Santa tecnologia.

6) La connessione! Imprescindibile per uno smart worker. Purtroppo a volte in casa non abbiamo il massimo della connettività, altre volte si. Altre ancora i problemi li cerchiamo noi. Un esempio? Lavorare in wifi stando in casa sul lato opposto rispetto a quello in cui è posizionato il router, non è cosa buona e giusta. Occorrerebbe avvicinarsi ad esso. Oppure ricorrere a dei ripetitori mesh (LINK) che amplificano il segnale portandolo fin nelle zone remote della casa.
Sempre in tema di connettività: siccome è essenziale e siccome a volte potrebbe avere delle interruzioni indesiderate, mi sono procurato un modem LTE (tipo questo) che mi permette di poter lavorare anche quando va via la connessione in fibra. Gli inserisco una SIM di un operatore virtuale e ho sempre con me la connessione di backup. E quanto ritorneremo a fare delle vacanze, sarà proprio quella connessione che porterò con me (ma questa volta la userò per cercare svago).

7) Tecnologia. Nel precedente podcast (LINK) vi ho raccontato tutta la tecnologia che uso in casa per combattere la polvere, mia grande nemica. Ma attenzione perché non di soli strumenti anti polvere vivo! Lo smart working va a braccetto con la call di lavoro e quando ne se fanno molte, diventa essenziale preservare le nostre orecchie e i nostri occhi. Per le prime consiglio cuffie di lavoro comode.
Sconsiglio quelle piccole, le in ear; consiglio invece cuffie over ear, che abbracciano il padiglione auricolare non costringendolo a soffrire in caso di sessione prolungate di lavoro.
Io posseggo le Sony WH-CH700 che funzionano, oltre che con la batteria, anche con cavetto. Se usate in modalità Bluetooth, permettono oltre 30 ore di utilizzo e garantiscono una riduzione dei rumori circostanti.

E se proprio volete apparire belli e con una buona luce, suggerisco una buona webcam come la Logi stream; trasmette in full HD e ha un ottimo bilanciamento del bianco. Incorpora anche due microfoni di qualità.

Parlavo anche del preservare gli occhi. Lunghe sessioni di lavoro li affaticano e a lungo andare gli occhi ne risentiranno. I moderni sistemi operativi tendono ad implementare un sistema che automaticamente riduce la luce blu degli schermi, nemica del benessere degli occhi.
Se però i PC aziendali non dovessero prevedere questa opzione, consiglio il ricorso a occhiali anti affaticamento (LINK).

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